Oggi comprare il pane significa il più delle volte districarsi tra forme più o meno fantasiose, mangiare panini senza personalità, omologhi da Aosta a Palermo, magari belli a vedersi ma pronti a trasformarsi, dal mattino alla sera,
in insignificanti biscotti rocciosi da sgranocchiare.
Il problema è la fretta: lieviti molto veloci o “miglioratori” che limitano anomalie sviluppando anidride carbonica (ecco perché il pane ci “gonfia”); l’ampio utilizzo di semilavorati o di paste surgelate a livello industriale e poi scaldate/cotte in un ultimo passaggio nel punto vendita. Tutte pratiche diffuse, che facilitano la vita a chi deve produrre ma che stanno facendo diminuire i veri panettieri, un mestiere duro fatto di sapienze antiche e levatacce. Tante panetterie (soprattutto nel Nord Italia) si sono trasformate in laboratori di assemblaggio di semi-lavorati industriali a scapito di gusto e digeribilità.
Meglio allora informarsi e re-imparare cos’è il vero pane, che può durare anche quindici giorni, fatto con pasta madre o lieviti meno aggressivi, con l’utilizzo di farine di qualità e gusto. Sembra che la materia prima non conti più: quel grano che oggi ha prezzi ridicoli per i contadini e non viene più voglia a nessuno di coltivarlo. Quando invece è un fondamento dell’alimentazione mediterranea, che non a caso ha sviluppato un universo di forme e sapori: si contano più di trecento pani tradizionali nella sola Italia. E molti di questi oggi si fa fatica a trovarli, nel diluvio di insipide baguette industriali.
da Sabato al mercato, rubrica di Carlo Bogliotti
La rubrica Sabato al mercato è pubblicata ogni sabato su La Stampa, nella pagina delle previsioni del tempo.
Dicembre 20th, 2011 - 18:16
perche’ non produrre una lista di panificatori tradizionali ? dopo il bellissimo articolo che hai fatto , ci si aspetta di trovare dell’altro in fondo alla pagina. ciao
p.s. non e’ un rimprovero
Dicembre 20th, 2011 - 19:34
bella idea ci penso
Dicembre 20th, 2011 - 19:41
bella idea ci penso